Lu sule, lu mare, lu cibu

“Ti vedo sciupata, ma mangi?”. Ecco la frase incriminata che tutti i parenti meridionali rivolgono ai loro figli e nipoti espatriati al nord. Lo sa bene Esther, che ogni anno, nei mesi estivi, abbandona la nebbia lombarda per “scendere giù”, dove l’attendono una famiglia numerosa e un mare stupendo. E anche quest’anno si è fatta le sue 10 ore di treno prima di arrivare alla stazione di Lecce, dove ha potuto sfoggiare la tipica tintarella grigio-Milano, colore che inizia a svanire già dopo il primo giorno di mare.

Esther, però, non rimane sola a lungo. Silvi non è mai stata in Puglia – sacrilegio –, così lei e Fra decidono di farsi una mini vacanza in quel di Zollino, ridente metropoli che conta ben 2.000 abitanti.

ryaSi danno quindi appuntamento all’aeroporto di Orio al Serio, e qui i ringraziamenti sono d’obbligo: grazie santa Ryanair da Bergamo, grazie per mettere sempre in vendita voli a prezzi accessibili. L’aeroporto è molto affollato. Fra ha paura dei terroristi e le viene l’ansia ogni volta che incrocia uomini con la barba lunga o donne coperte dalla testa ai piedi; a preoccupare Silvi, invece, sono i bambini, con i loro capricci e il moccio sotto il naso.

Fortunatamente sull’aereo non ci sono né i primi né i secondi. Al momento dell’atterraggio, però, accade un’altra disgrazia. L’aereo perde quota, Brindisi è sempre più vicina, poi le ruote toccano terra, l’aereo percorre qualche metro, Fra e Silvi stanno in apnea, incrociano le dita e pregano che non accada… e invece accade. Scatta l’applauso. Il momento dell’applauso è una di quelle cose che ti fa rimpiangere di non appartenere a un’altra nazionalità. Quella cambogiana, ad esempio. Di certo in Cambogia non battono le mani quando l’aereo tocca terra.

zolliEsther e suo papà sono nel parcheggio ad aspettare le due nordiche. Non è difficile individuarle, visto che sono bianche come mozzarelle e riflettono la luce. Dall’aeroporto di Brindisi a casa di Esther ci vogliono circa tre quarti d’ora; se a guidare è Esther, anche meno. La provincia di Lecce è costellata di tanti meravigliosi paesini che finiscono tutti in -ino e in -ano: Copertino, Cavallino, Zollino, Minervino, Casarano, Squinzano, Leverano, Ruffano, Martano, Cutrofiano, Melissano, Melpignano… e potremmo andare avanti per altri 5 minuti.

Arriviamo a Zollino a mezzanotte e mezza e la prima cosa che ci domanda la mamma di Esther è: “Volete mangiare?”. È la conferma che siamo arrivate in Puglia.

La nostra vacanza si alterna fra mare e cibo. E spesso le due cose si fondono. Il primo giorno decidiamo di andare a Punta Prosciutto, malgrado Silvi sia vegetariana. La spiaggia è piena come se fossimo a Rimini, ma il mare è cristallino come quello dei Caraibi. È meraviglioso riuscire a vedersi pure le unghie dei piedi, una volta in acqua.

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La sabbia è bianchissima e contrasta con la pelle nerissima dei vu cumprà. Fra si diverte a intrattenere bizzarre conversazioni con loro, in italiano e in francese. Si chiamano quasi tutti Antonio, o almeno così dicono.

peperonimo.jpgDa uno di loro compriamo la custodia impermeabile per il cellulare e proviamo a fare le foto sott’acqua. Ovviamente le cancelliamo tutte subito dopo averle scattate: le facce subacquee sono a dir poco imbarazzanti, tra guance gonfie, occhi strizzati, sorrisi sofferti e smorfie assurde per cercare di trattenere il respiro. Ci rinunciamo. Decidiamo quindi a giocare a Schiaccia 7 con due amiche, ma la palla cade sempre prima del settimo tiro. È inutile dirlo, siamo delle atlete olimpiche mancate. E come le vere atlete, a pranzo tiriamo fuori i nostri peperoni ripieni, le sceblasti (pane tipico di Zollino, molto unto e molto condito) e i fichi.

La sera portiamo Silvi ad ammirare la splendida Lecce. La gita però dura poco. Bello il Duomo eh; bellissima anche Piazza Sant’Oronzo… ma l’attrazione più attesa di tutte è il ristorante, giusto per non smentirci.

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Piazza Sant’Oronzo by night e anche un po’ sfocata.

Attraversiamo le suggestive viuzze che pullulano di negozi, gelaterie, pizzerie e rosticcerie e ci fermiamo al 00 Doppiozero, emporio moderno che richiama le vecchie norcinerie (traduzione per i nordici: salumerie o macellerie specializzate in prodotti tipici del suino). Il cibo impiega un po’ di tempo prima di arrivare, ma appena il cameriere giunge con i nostri piatti, capiamo subito il perché: la presentazione è degna di Masterchef e le pietanze sono davvero buone. La serata si conclude con Silvi che, a furia di inciampare sui ciottoli, si rompe i sandali e rimane a piedi nudi come San Francesco.

labbroL’indomani Fra si sveglia che non è più Fra, bensì Alba Parietti. Il suo labbro inferiore è spropositatamente grande, come se durante la notte fosse scappata di casa per farsi delle iniezioni di botox. Anziché preoccuparsi o supportarla, Esther e Silvi non riescono a smettere di ridere per tutta la durata della colazione. Arrivano al punto di non guardarla in faccia, mentre la poverina cerca a fatica di addentare il suo cornetto crema e cioccolato, con le briciole che rimangono tutte appese al labbro-canotto.

Facciamo posto in macchina per la bocca di Alba e ci rechiamo in una spiaggia molto cara a Esther: la Staffa. Si trova a Otranto ed è un angolo di paradiso nascosto ai più… almeno fino a poco tempo fa. Adesso Briatore ha deciso di continuare la sua partita a Risiko, e dopo Porto Cervo, Cortina, Dubai, Montecarlo e Marina di Pietrasanta, invaderà anche questo luogo ameno. Il suo lido extralusso con tanto di gazebo e nightclub sorgerà l’anno prossimo e il turismo sbarcherà anche alla Staffa.

Prima di raggiungere la spiaggetta, camminiamo per qualche centinaio di metri tra alberi, liane e arbusti. Silvi ha il terrore dei serpenti e Esther, per tranquillizzarla, le dice: “Sì ce ne sono, ne ho visto uno anche l’altro giorno”.

patatemo.jpgProseguiamo intrepide come Dora l’Esploratrice e finalmente arriviamo in questo luogo ameno immerso nel verde. Poggiamo i nostri asciugamani tra una comare e l’altra, piantiamo il nostro ombrellone con una tecnica infallibile e ci mettiamo subito a mollo come tre friselle. Anche qui ci adeguiamo agli usi e ai costumi del sud e all’ora di pranzo sfoggiamo con orgoglio la nostra pizza di patate e le nostre focacce unte come i capelli di Piero Pelù.

A pochi passi dalla spiaggetta si trova un grande canalone dall’acqua verde. Il colore “verde acqua” dev’essere nato proprio guardando questo scorcio di mare. Il modo migliore per entrare è tuffarsi, consiglio che Silvi prende al volo e, emozionata come una bimba, continua a lanciarsi e a risalire lungo gli scogli, più volte.

canalone
Otranto mare è molto bella, ma anche Otranto città non scherza, non a caso rientra tra i borghi più belli d’Italia. Per questo decidiamo di tornarci la sera, quando le mura del castello sono tutte illuminate e le vie si riempiono di turisti e bancarelle. Passeggiamo tra i vicoli del centro storico e raggiungiamo la Cattedrale di Otranto. Purtroppo la troviamo chiusa, ma è una tappa da visitare assolutamente. L’edificio nasce in ricordo del massacro che avvenne nel 1480, quando il comandante della flotta turca ordinò che venissero uccisi tutti gli abitanti di sesso maschile che si rifiutavano di rinnegare la fede cristiana. Ottocento uomini si opposero e vennero decapitati, uno per uno, su un grande masso. All’interno della Cattedrale è oggi possibile visitare l’ossario, che custodisce le reliquie dei martiri uccisi.

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Piccola curiosità: la tradizione narra che il primo ad essere giustiziato, Antonio Primaldo, rimase miracolosamente in piedi, senza testa, sino alla fine della macabra esecuzione.

Ma torniamo a noi. Ci fermiamo a mangiare al C’era una volta, ristorante nascosto tra le viuzze del centro. Prendiamo da mangiare diversi piatti tipici, dagli antipasti locali alle orecchiette con le cime di rapa. Fra vuole ordinare i minchiareddhi, un particolare tipo di pasta, ma si vergogna a pronunciare quella parola e preferisce indicarla sul menu al cameriere.

Il giorno dopo vogliamo andare a farci un bagno alle Maldive… del Salento. Si chiamano proprio così e non abbiamo neanche dovuto comprarci un volo per l’Asia. Le Maldive nostrane, infatti, si trovano a Marina di Pescoluse e il mare non ha nulla da invidiare, o quasi, alle celeberrime isole dell’Oceano Indiano.

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Rimaniamo solo fino al primo pomeriggio perché a casa ci aspetta il pranzo della mitica Lucia, la mamma di Esther. Un pranzetto leggero, si potrebbe dire: pasta al pesto, peperoni fritti, melanzane fritte, carciofi sott’olio, carne, fave secche e cicoreddhe e un tripudio di contorni. Ovviamente il finale prevede frutta, frutta secca e dolce.

Poi per Silvi arriva il momento di partire, non prima però di aver fatto scorta di friselle, taralli, biscotti e dolci tipici. Le dodici fatiche di Ercole non si avvicinano neanche lontanamente all’impresa di Silvi, che ha dovuto chiudere la sua valigia con tutte quelle cose dentro. Ma la scena più bella è avvenuta in una tipica panetteria di paese. Entriamo e al bancone troviamo una signora con la stessa gioia di vivere di Lerch della Famiglia Addams.

Silvi: “Salve, vorrei due pacchi di friselle.”
Lerch: “Di orzo o di grano?”
Silvi, titubante: “Che differenza c’è?”
Lerch la fissa, in silenzio, per diversi secondi, per poi sentenziare, con molta calma: “Quelle di orzo… sono di orzo.” Pausa d’effetto. “Quelle di grano, invece… sono di grano.”

E fu così che, non si sa come, non si sa perché, Silvi, forse convinta dalla spiegazione della signora, comprò le friselle di grano.

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19 Comments Lascia un commento

  1. Muahhahahaha però scusate ragazze.. a parte scrivere bene, avete bisogno anche di inventare tutte questi aneddoti? O li vivete davvero? 😀 Quando mi portate con voi giù al Sud ? Almeno voi due nordiche fate la figura delle abbronzatissime accanto a me! 😛

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