Croazia: a mostrar le chiappe chiare
È inutile negarlo, fa caldo. In ufficio il ventilatore è perennemente acceso: le pale girano e talvolta girano anche le palle. La voglia di mare è tantissima. Bella Milano eh, bellissima. Belle anche Brescia e Lugano. Ma il mare? Non poteva esserci una spiaggia, anche piccola, in San Babila?
L’idea di andare in piscina non ci convince, e nemmeno quella di un pomeriggio al lago. Abbiamo l’impellente bisogno di un tuffo nell’acqua salata e di sentire la sabbia che scotta sotto i piedi. Così ci troviamo tutte e tre d’accordo: e Croazia sia!
Da Brescia a Pula ci vogliono quattro ore e mezza solo di andata, perciò decidiamo di partire venerdì sera dopo il lavoro. Fra e Esther prendono i trolley ma dimenticano a casa la testa: anziché fare il biglietto per Brescia, cliccano frettolosamente sul display delle macchinette e comprano due bei biglietti per Grandate-Breccia. Non hanno idea di dove sia. Non gli interessa nemmeno. Cercano il controllore ma, non trovandolo, si arrendono dopo 18 secondi. Fa decisamente troppo caldo per girare mezza stazione Centrale.
Fortunatamente il controllore non si fa vivo e le due raggiungono Silvi nel piazzale della stazione di Brescia, che sembra più che altro il piazzale della stazione del Senegal. Inizia così la nostra mini vacanza al mare.
Alla guida si alternano Esther e Silvi. Fra, malgrado i suoi 27 anni, non ha ancora la patente. Ci ha provato a prenderla, ma proprio non le entra in testa che i pedoni non sono birilli e che il semaforo rosso vuol dire “fermati”, non “accelera”.
Davanti a noi ci sono quasi cinque ore di viaggio; così, per passare il tempo, facciamo il gioco delle regioni e capiamo subito che la geografia non fa per noi.
Fra: Qual è il capoluogo delle Marche?
Silvi: Campobasso!
Esther: Ma va! È l’Umbria!
Fra: E il capoluogo della Basilicata?
Silvi: Campobasso!
Esther: No, Crotone!
Silvi: Ma Crotone non è mica in Puglia? E comunque in Basilicata cosa c’è? Non c’è niente in Basilicata!
Fra: Il capoluogo dell’Abruzzo?
Silvi: Campobasso!
E niente, qualcuno spieghi a Silvi che Campobasso non è il capoluogo di tutte le regioni del sud.
Passate le dogane di Slovenia e Croazia, percorriamo ancora un centinaio di chilometri e arriviamo finalmente a Pula. Sono le 2.30 di notte. Mandiamo un messaggino alla povera proprietaria ed entriamo nel complesso di appartamenti per turisti. “Buonasera, scusi per il ritardo” dice Fra alla proprietaria. “Sorry, I don’t understand.” Ok, non è la proprietaria.
Raggiungiamo la vera proprietaria che ci accoglie giustamente in pigiama. Nell’aria aleggia un lieve odore di aglio. Lieve si fa per dire. Entriamo nel nostro appartamento che si rivela molto carino per aver pagato solo 15 euro a testa. Ci aspettavamo di trovare una stanza 3×3 metri e un divano-letto con le molle di fuori, invece rimaniamo piacevolmente sorprese. Non facciamo in tempo a darci la buonanotte che ci addormentiamo tutte insieme appassionatamente.
Il mattino seguente ci alziamo presto, ma avviene un fatto che rallenta tutto: Fra deve mettere il tampax. Non sappiamo quanto sia rimasta in quel bagno a imprecare da sola. Sappiamo solo che il processo di estinzione dei dinosauri è avvenuto in meno tempo. Alle 10.00, finalmente esce dal bagno camminando come un rinoceronte anziano.
Come prima cosa andiamo a comprare colazione e pranzo in un supermercato della zona. Esther e Fra comprano anche una crema solare che si rivelerà poi un olio abbronzante che odora di benzina. I prezzi sembrano altissimi ma poi scopriamo che sette kune equivalgono a un euro, e tutto si ridimensiona.
Munite di brioche, pizzette, patatine, frutta, cracker e cereali, ci dirigiamo quindi alla volta del mare. La zona prescelta è quella del Parco Naturale Kamenjak, vicino a Premantura. Paghiamo 40 kune di ingresso (attorno ai 6 euro, secondo la calcolatrice del nostro iPhone) e ci addentriamo in questo immenso parco. Le spiagge al suo interno cambiano continuamente: in alcuni punti l’acqua è di un verde smeraldo, in altri è azzurrissima; alcune spiagge hanno la sabbia, altre dei sassolini e altre ancora hanno solo scogli. Noi ci fermiamo in una spiaggetta ibrida, con sabbia e sassi.
Depositiamo borse e asciugamani e siamo subito in acqua… o quasi. I sassi non permettono un ingresso rapido e il rinoceronte anziano Fra ha il terrore dei granchi. Ma una volta superati quei 3 metri, l’acqua è meravigliosa, limpidissima e rigenerante. È incredibile come il mare riesca a farti scordare tutti i pensieri e i problemi. È come se con la sua acqua lavasse via la frenesia e lo stress della città.
Rimaniamo a mollo a lungo, beate. E il nostro pomeriggio prosegue tra spuntini, nuotate, chiacchiere, riposini all’ombra, Silvi che si spalma la protezione 50 ogni dieci minuti e un piccolo labrador nero che si tuffa in acqua e poi viene a scrollarsi sui nostri piedi (“maledetto cane”, cit. Fra e Esther; “che tesoro adorabile”, cit. Silvi).
Nel tardo pomeriggio iniziamo a dirigerci verso l’appartamento: alle 21.00 l’Italia gioca contro la Germania e dobbiamo ancora lavarci, vestirci e scegliere un ristorante con il maxi schermo. Ne troviamo uno in pieno centro: i camerieri sono simpatici come il ciclo a ferragosto, ma la tv è grande e al piano superiore c’è una terrazza che si affaccia sulla piazza più bella di Pula. Silvi e Esther ordinano una bruschetta e un’insalata; Fra invece opta per una specialità della zona: ćevapčići con patate e salsa ajvar, ovvero dei salsicciotti di carne trita speziata con salsa di peperoni, peperoncini, melanzane e aglio. Molto, molto buoni. L’alito di Fra un po’ meno.
Tra una forchettata e l’altra, gli occhi sono sempre incollati alla partita. Si arriva ai rigori e un cameriere croato si avvicina a noi e dice: “vince Italia”. Ed è in quel momento, con quella gufata stratosferica, che capiamo che avremmo perso. Proviamo a crederci fino all’ultimo: Zaza fa la sua rincorsa imbarazzante e sbaglia; sbagliano anche Müller e Özil. Ci siamo, stiamo per vincere, ma poi Pellè fa il figo e la manda fuori. Tiro di Bonucci parato… Schweinsteiger sbaglia… arriva Darmian sul dischetto e… parata. La Germania passa in semifinale e a noi passa la voglia di vivere. Se avessimo messo in piedi una squadra di suore all’oratorio, probabilmente avrebbero sbagliato meno rigori.
Fortunatamente a Pula non ci sono molti tedeschi, quindi non sentiamo particolari festeggiamenti. In compenso vediamo tanti italiani devastati, come se gli avessero ucciso la nonna e il gatto. Ci ritiriamo nel nostro appartamento che ora non puzza più di aglio, ma odora di sconfitta.
Nonostante l’orgoglio ferito, passiamo comunque una bella serata tutte e tre assieme. Il giorno dopo non lo stiamo neanche a raccontare: in cielo sono apparsi dei nuvoloni malefici che ci hanno impedito di andare al mare. Così abbiamo fatto un pit stop a Trieste, e qui la canzone è d’obbligo: quant’è bello fare il pranzo da Trieste in giù! Il cibo croato non ci è dispiaciuto affatto, ma vogliamo mettere un bel piattone di pasta alla norma?

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siete delle bravissime bellissime viaggiatrice… Non sapevo esistesse Grandate Breccia!! chissa’ tra un binario e l’altro magari ci incroceremo.
fate bei viaggio. vi seguo.
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Ciao Romano, se vedi tre ragazze che cercano il controllore perché hanno sbagliato biglietto… siamo noi! Chissà, magari ci incroceremo davvero. 😀
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mi piace come “surfate” sulla vita
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Bellissimo resoconto! Peccato per la gufata :S
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Servita su un piatto d’argento, assieme alla carne e all’insalata! 😑
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